giovedì 16 aprile 2015

Donazione nulla, immobile acquisito per usucapione

Gianpaolo Talani, Un castello di sabbia, 2009. [1]
Massima: la provenienza dell'attri-buzione dal non legittimato, se intacca la validità della donazione (non consentendo ad essa, per questa sola ragione, di adempiere concretamente la funzione traslativa del tipo al quale appartiene), non inficia la sua astratta idoneità ad inserirsi in una più complessa fattispecie acquisitiva a non domino















Questione di diritto: un contratto di donazione nullo può essere considerato titolo idoneo ai fini dell'acquisto per usucapione?

Il caso affrontato dalla Suprema Corte evidenzia le difficoltà interpretativi circa l'istituto della donazione di cose altrui. In effetti all'interno della stessa Corte si rinvengono 2 orientamenti contrapposti.
Secondo il primo il contratto di donazione di cosa altrui sarebbe nullo [2]; per altra giurisprudenza invece tale contratto è da considerarsi inefficace in quanto l'altruità del bene non può essere confusa con la donazione di cose future vietata dall'art. 771 c.c.
I Giudici del 2009 hanno aderito al primo indirizzo per i motivi che seguono. La donazione è un contratto con efficacia reale immediata attraverso il quale per spirito di liberalità, una parte arricchisce l'altra, disponendo a favore di questa di un suo diritto (art. 769 c.c.). Dunque affinché sia rispettato il dispositivo dell'art. 769 è necessario che il diritto di cui voglia disporre il donante sia presente nella sua sfera giuridica al momento del contratto.
Per tale ragione, ritengo gli Ermellini, non è possibile donare un bene altrui ed un siffatto contratto dovrà considerarsi nullo.
Tale ragionamento è avallato dall'esigenza di limitare il depauperamento del patrimonio del donante, per cui, al di là del dato letterale dell'art. 771 c.c., futurità ed altruità possono essere equiparate poiché fondate sulla medesima ratio.
Ma vi è di più. I Giudici affermano che la nullità del contratto di donazione non rileva ai fini dell'acquisto dell'immobile per usucapione ai sensi dell'art. 1159 c.c.  Infatti, l'idoneità dell'atto prescritta dalla norma è sufficiente che sussista in astratto e non in concreto, nel senso che "l'acquisito del diritto si sarebbe senz'altro verificato se l'alienante ne fosse stato titolare".

[1] Descrizione dell'opera.
[2] Cfr. tuttavia la recente Cassazione 11545/2014.

Approfondimento:
A) Guida alle donazioni consapevoli
B) Tabella successione legittima ed eredi legittimari

Dedicata al mio amico Alfredo

sabato 4 aprile 2015

Contratto preliminare di preliminare: le Sezioni Unite sgombrano dalle incertezze

René Magritte Les Amants (Gli Amanti), 1928 [1]
Massima: Il Giudice di rinvio riterrà  produttivo di effetti l'accordo denominato come preliminare con il quale i contraenti si obblighino alla successiva stipula di un altro contratto preliminare, soltanto qualora emerga la configurabilità dell'interesse delle parti a una formazione progressiva del contratto basata sulla differenziazione dei contenuti negoziali e sia identificabile la più ristretta area del regolamento di interessi coperta dal vincolo negoziale originato dal primo preliminare.

Sentenza Cassazione Civile, Sez. Un., 6 marzo 2015, n. 4628.







Questione di diritto: è valido il contratto preliminare con cui le parti intendano addivenire alla stipula di un successivo contratto ad effetti obbligatori (cd. contratto preliminare del preliminare)?

La controversia che hanno affrontato le Sezioni Unite vedeva contrapposti da un lato i ricorrenti promittenti venditori di un immobile i quali chiedevano l’esecuzione in forma specifica di un accordo preliminare, dall’altro i promissari acquirenti che negavano la validità di tale accordo, ritenendolo una semplice puntazione, priva di efficacia obbligatoria ed insuscettibile di esecuzione ex art. 2932 c.c.
Inoltre i promissari venditori aggiungevano che il suddetto accordo conteneva l'impegno a stipulare il contratto preliminare di compravendita, qualora il Banco di Napoli avesse rinunciato all'ipoteca gravante sul fabbricato.
La configurabilità di una contratto preliminare di preliminare in tema di compravendita immobiliare è da anni oggetto di contrasti in dottrina e giurisprudenza tra chi ritiene ammissibile un contratto “preliminare cd. aperto” e chi nega qualsiasi valore contrattuale agli accordi precedenti alla stipula di un preliminare.
In tali ipotesi infatti l’importanza rivestita dal bene oggetto di vendita comporta una cerca cautela in capo ai contraenti affinché possano raggiungere un accordo consapevole ed informato sia sulla qualità del bene sia sull'affidabilità della controparte.
Ciò può determinare una tripartizione delle fasi contrattuali (trattative-preliminare-definitivo). Secondo una tesi classica avallata dalla stessa Corte il contratto preliminare qualora avesse la funzione “di obbligarsi... ad obbligarsi” , produrrebbe “una inconcludente superfetazione, non sorretta da alcun effettivo interesse meritevole di tutela secondo l'ordinamento giuridico”.
La stessa sentenza conclude nel ritenere invalido il primo contratto, definendo piuttosto l’accordo raggiunto come una puntuazione che fissa, senza effetti vincolanti, il contenuto del successivo negozio (Cass. , sez. II, n. 8038 del 2009).
In realtà la Cassazione del 2009 ha ritenuto che il primo preliminare fosse nullo per assenza di causa in quanto non presentava un contenuto nuovo in grado di dar conto dell'interesse delle parti e dell'utilità del contratto,
Tuttavia le Sezioni Unite, nella sentenza in commento, hanno posto l’accento sulla libertà contrattuale riconosciuta dall’ordinamento e in particolare sul concetto di causa concreta. Per essa si intende la funzione economico-individuale che le parti hanno voluto concretamente attribuire alla singola negoziazione, e non come funzione economico-sociale intesa in senso oggettivo.
La causa intesa in senso soggettivo ha permesso di sganciarsi dall’idea che la procedura di formazione del consenso si componga esclusivamente di 2 fasi (preliminare e definitivo) e di dare rilevanza anche a una fase prodromica.
Sul punto gli Ermellini  hanno elaborato 2 categorie:
1) quella delle mere puntuazioni in cui le parti hanno iniziato la fase delle trattative senza generare alcun vincolo;
2) quella di una “puntuazione vincolante su profili in ordine ai quali l'accordo è irrevocabilmente raggiunto, restando da concordare secondo buona fede ulteriori punti”.
Quest’ultima ipotesi è riconducibile a una fase sostanzialmente precontrattuale. La violazione di queste intese - ribadisce la Corte – “da luogo a responsabilità contrattuale da inadempimento di un'obbligazione specifica sorta nel corso della formazione del contratto, riconducibile alla terza delle categorie considerate nell'art. 1173 c.c., cioè alle obbligazioni derivanti da ogni fatto o atto idoneo a produrle in conformità dell'ordinamento giuridico.

[1] Descrizione del quadro.

DEDICATO ALL'UMILE RELATORE


giovedì 26 marzo 2015

Diritto di cronaca giudiziaria: tra libertà di pensiero e diritto alla reputazione

Eugène Delacroix, La Libertà che guida il popolo (La Liberté guidant le peuple), 1830 [1].
Massima: Rientra cioè nell'esercizio del diritto di cronaca giudiziaria riferire atti di indagini e atti censori provenienti dalla pubblica autorità, ma non è consentito effettuare ricostruzioni, analisi, valutazioni tendenti ad affiancare e precedere attività di polizia e magistratura, indipendentemente dai risultati di tali attività.














Questione di diritto: quale è il limite tra il diritto di cronaca giudiziaria e il diritto alla reputazione dell'indagato?

Il ragionamento della Corte punta a definire e a distinguere la funzione della magistratura da quella del giornalista.
In realtà i Giudici inquadrano il diritto di cronaca giornalistica, giudiziaria o di altra natura, "nella categoria dei diritti pubblici soggettivi, relativi alla libertà di pensiero e al diritto dei cittadini di essere informati, onde poter effettuare scelte consapevoli nell'ambito della vita associata". Sembrerebbe dunque che gli Ermellini prediligano l'aspetto funzionale del diritto di cronaca - teso cioè ad informare la collettività - piuttosto che connotarlo come libertà individuale del giornalista.
Da questa premessa ne discende che il giornalista non incorrerà nel reato di diffamazione qualora si limiti a riportare i fatti verificatisi durante le indagini evitando di prospettare l'evoluzione e l'esito delle indagini in maniera non corrispondente al dato fattuale.
Nel caso in esame il giornalista aveva integrato i dati relativi alle indagini in corso con altri da lui personalmente tracciati, determinando - secondo i Giudici - un indebito esercizio dell'attività spettante agli organi inquirenti.
Ciò, unito all'assenza di veridicità dei fatti narrati, determina un uso distorto del diritto di cronaca e dunque configura il reato di diffamazione.
Per tali ragioni la Corte nel confermare la sentenza appellata, ha pronunciato sentenza di condanna nei confronti del giornalista.

Approfondimento: Commento alla posizione della Cassazione

[1] Descrizione del quadro.

lunedì 16 marzo 2015

Responsabilità dell'amministratore di condominio per danni subiti dai condomini

Massima: La figura dell'amministratore nell'ordinamento non si esaurisce nell'aspetto contrattuale delle prerogative dell'ufficio.
A tale figura il codice civile, e le leggi speciali imputano doveri ed obblighi finalizzati ad impedire che il modo d'essere dei beni condominiali provochi danno di terzi (e dei condomini, n.d.r.).
In relazione a tali beni l'amministratore, in quanto ha poteri e doveri di controllo e poteri di influire sul loro modo d'essere,  si trova   nella posizione di custode.

Sentenza Cassazione Civile, sez. III, 16 ottobre 2008, n.25251.





Questione di diritto: L'amministratore di condominio risponde personalmente per i danni subiti dai condomini?

L’amministratore di condominio, stabilisce la Suprema Corte,  svolge il ruolo di custode dei beni condominiali, ex art. 2051 c.c., pertanto è tenuto a compiere tutte quelle attività necessarie in modo da preservarne l’utilità ed evitare che i beni comuni arrechino danni ai condomini o a terzi.
Nel confermare suddetta tesi, inoltre, i Giudici richiamano un caso analogo affrontato dalla stessa Corte nel quale veniva condannato l'amministratore che con il proprio comportamento negligente non aveva dato esecuzione a lavori di riparazione di un lastrico solare disposti dell'assemblea condominiale, aggravando in tal modo i danni all'appartamento di un condomino a causa delle infiltrazioni.
Tale   orientamento, recepito inoltre dalla riforma del condominio L. 220/2012, è  espressione dell'evoluzione della figura dell'amministratore di condominio, la quale assume sempre più forti responsabilità ed obblighi.

sabato 7 marzo 2015

Danno ambientale: privati ed associazioni non sono risarcibili

MASSIMA: Spetta esclusivamente allo Stato (e, in particolare, al Ministero dell'Ambiente) la legittimazione a costituirsi parte civile nei processi per reati contro l'ambiente per ottenere il risarcimento del danno ambientale, inteso come interesse alla tutela dell'ambiente in sé considerato.

Sentenza Cassazione Penale, sez. III, 11 febbraio 2015, n. 3345







Questione di diritto: privati, associazioni ed enti locali possono legittimamente costituirsi parte civile e chiedere il risarcimento per danni ambientali?

Preliminarmente la Corte affronta le questioni circa la risarcibilità del danno in collegato alla commissione di un reato. Il danno, patrimoniale e non, deve essere puntualmente provato.
In particolare il “il danno non patrimoniale, anche quando sia determinato dalla lesione di diritti inviolabili della persona, costituisce danno conseguenza (Cass. n. 8827 e n. 8828/2003; n. 16004/2003), che deve essere allegato e provato. Va disattesa, infatti, la tesi che identifica il danno con l'evento dannoso, parlando di danno evento”.
Per tali ragioni Il danno non patrimoniale non può mai sussistere in re ipsa, ossia per il discendere automaticamente dalla lesione di un valore della persona.
Ma vi è di più. L'ambiente, come riaffermato dalla Suprema Corte, è un bene di natura pubblica per cui i reati ambientali tutelano un interesse pubblico e generale.
Da tale principio di diritto ne discende che solo lo Stato e per esso il Ministro dell'Ambiente potrà legittimamente costituirsi parte civile per ottenere il risarcimento del danno ambientale.








giovedì 26 febbraio 2015

Stop al segreto bancario: la Svizzera esce dalla black list

L’accordo sottoscritto da Italia e Svizzera ha come obiettivo quello di combattere il fenomeno dell’evasione fiscale. Ora il Protocollo per produrre i suoi effetti dovrà essere ratificato dai rispettivi Parlamenti.
L’Agenzia delle Entrate italiana potrà dunque procedere a richiedere alla Svizzera informazioni a partire dalla data di sottoscrizione dell’accordo, il 24 febbraio 2015.
Lo scambio automatico di informazioni, che consentirà alle Autorità italiane di procedere a controlli direttamente e senza formale richiesta avverrà tuttavia solo nel 2018 e , con riferimento all'annualità 2017.
Tale accordo rappresenta un incentivo per coloro che detenendo i capitali all’estero vorranno avvalersi della cd. voluntary disclosure.
I due Paesi contraenti si sono inoltre dotati di una road map che in futuro andrà a regolare la disciplina sui frontalieri.
In particolare la quota spettante allo Stato del luogo di lavoro ammonterà al massimo al 70%. Il Paese di residenza dei lavoratori applicherà l'imposta sul reddito tenendo conto delle imposte già prelevate nell'altro Stato. Il carico fiscale totale dei frontalieri italiani rimarrà inizialmente invariato e successivamente, con molta gradualità, sarà portato al livello di quello degli altri contribuenti. Non vi sarà più alcuna compensazione finanziaria tra i due Stati, come previsto fino ad oggi in base all'accordo del 1974. Il ristorno ai Comuni frontalieri italiani sarà a carico dello Stato, sulla base del principio di invarianza delle risorse.

Ecco cosa ci guadagna la Svizzera
La Banche svizzere hanno dunque rinunciato al proprio segreto bancario.
In realtà il passaggio dalla black list alla white list consentirà ai correntisti che si avvarranno del nuovo istituto della voluntary disclosure di usufruire del dimezzamento della retroattività per i reati fiscali che scende da 10 a 5 anni. 
Si assisterà in effetti a uno 'sconto' di ben 5 periodi di imposta.

Approfondimento: come funziona la voluntary disclosure.